Heritage
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Utopia realizzata
Le strade lunghe e strette che tagliano la campagna piatta, la linea dell’orizzonte sfocata dalla nebbia, vecchi casolari isolati in mezzo alla terra, questo è il paesaggio che porta da Venezia a Portogruaro. Siamo, allo stesso tempo, lontani e vicini dalla città lagunare. I suoi splendori culturali estendono il loro raggio d’influenza fino a qui, ma questo è un territorio con sue caratteristiche specifiche, una terra di prodotti e di produzioni, che, infatti, per molti secoli è stata considerata il magazzino (alimentare) della Serenissima. Il complesso agro-industriale di Villanova Santa Margherita e Torresella si trovano rispettivamente a est e sud-est di Portogruaro, continuando sulla statale 14, ed è un insediamento appunto “nuovo”, legato come poche altre realtà d’Italia a una storia industriale e famigliare, quella dei Marzotto e delle loro intuizioni produttive e sociali. Tutto nasce da una tenuta agricola di più di mille ettari, di proprietà della famiglia Stucky, che negli anni ’20 aveva già provveduto a bonificare il terreno paludoso, acquistata nel 1934 da Gaetano Marzotto. L’idea è di realizzare un polo agricolo con attività diversificate e sistemi di produzione all’avanguardia, completando l’opera di bonifica. L’esempio è chiaramente quello di Valdagno (in provincia di Vicenza), dove nel 1836 i Marzotto avevano messo in piedi un lanificio, trasformando un’attività artigianale in un'impresa moderna, operando contemporaneamente sul territorio con interventi legati alla riprogettazione architettonica e funzionale. Valdagno è la base dove l’epopea di una delle più importanti famiglie industriali italiane incomincia addirittura nel Settecento con l’attività di intermediazione delle lane che porterà, come detto circa un secolo più tardi, alla costituzione di una vera e propria azienda produttrice, grazie a Luigi Marzotto, figlio del primo Gaetano della famiglia. Ma è sotto la guida di Gaetano Jr che i lanifici di Valdagno diventano un fiore all’occhiello dell’industria italiana. Con la ristrutturazione degli impianti e dell’organizzazione del lavoro, una vera e propria ossessione per Gaetano che, ispirato dall’organizzazione scientifica del lavoro di scuola americana, riesce a far diventare il lanificio Marzotto la più efficiente impresa laniera europea. A metà degli anni Trenta, l’azienda di Valdagno diventa il principale produttore nazionale, e il primo esportatore italiano di tessuti nel mondo. Ma la nuova organizzazione rende parte della forza lavoro superflua (si parla di circa 2.000 esuberi) ed è anche per questo che Gaetano Marzotto pensa a nuove attività in cui impiegare la manodopera e trova nella tenuta Stucky il luogo perfetto per realizzare l’ampliamento e la diversificazione delle attività di famiglia. Villanova è un territorio poco sfruttato, lottizzato a mezzadria, e quindi utilizzato per necessità di sostentamento. Vi si coltivavano granoturco, rape, patate. Il centro della tenuta è la casa “Rossa”, che continua ancora oggi, come un benefico monumento dell’Italia agricola e industriale, a essere il centro simbolico dell’azienda, proprio accanto alla cantina dove si produce uno dei vini italiani più venduti al mondo. Con Gaetano Marzotto alla guida, Villanova Santa Margherita conosce dagli anni Quaranta in poi un’espansione inarrestabile. Si portano sul territorio macchinari per la bonifica e per l’agricoltura. Ma oltre alla produzione agricola, vengono inaugurati i sistemi di allevamento (prima gli animali erano usati solo per i lavoro nei campi), e vengono impiantati uno zuccherificio, una vetreria, una saponificio, un cotonificio, con l’intenzione di creare sinergie tra i vari dipartimenti. Per fare qualche esempio: il vino sarebbe stato messo nelle bottiglie prodotte dal vetreria, il saponificio avrebbe usato gli scarti delle altre attività, così come lo zuccherificio avrebbe tratto beneficio dalla coltivazione della barbabietole; è qui che, per la prima volta in Italia, viene prodotto, imbottigliato, etichettato un succo di frutta. In tutto vengono costruiti ben dodici stabilimenti. Ci sono bellissime foto che testimoniano i primi anni del nuovo insediamento. Come pionieri alla scoperta di nuove terre, i macchinari caricati sulle chiatte che attraversano le acque basse della laguna, i trattori che solcano i campi umidi. Marzotto ha una visione con tre punti cardine: l’industrializzazione umana del territorio, i metodi di lavoro e il benessere sociale. Una visione utopica, che però si realizza, qui come a Valdagno. Non basta un’azienda integrata e all’avanguardia, ma anche una città costruita sulle radici del lavoro. Un insediamento fatto non di sole case ma anche di attività, centri di aggregazione. Così vengono valorizzate le strutture esistenti e se ne realizzano altre: un asilo, un ambulatorio medico, la mensa aziendale, una casa di riposo, un albergo con piscina, strutture sportive, un cinema. Una città sociale, appunto. Nella consapevolezza che il buon funzionamento di un’azienda è strettamente legato al benessere dei suoi dipendenti, ma anche nella volontà di lasciare qualcosa alle nuove generazioni e che questa sia la vera vocazione di un’azienda.
Un'interessante miscela di iniziativa imprenditoriale e spirito filantropico. Dopo la fine della guerra Gaetano Marzotto viene investito da molte richieste d’aiuto e ogni volta cerca un modo per soddisfarle: è solo uno dei possibili racconti che testimoniano l'intelligenza umana di quest’imprenditore italiano. La tenuta diventa quindi una specie di Stato nello Stato autosufficiente. Il polo industriale e quello agricolo da un lato garantiscono il sostentamento dei residenti, dall’altro rappresentano la loro unica fonte di reddito. Le abitazioni vengono differenziate tipologicamente: unifamigliari per impiegati, tecnici e capo-operai; plurifamigliari con spazi verdi in comune per gli operai. Le attività e i centri di aggregazione, invece, fanno da collante per le varie classi sociali. L’asilo, per esempio, viene frequentato dai figli degli impiegati, dei contadini, degli operai. Il costo della scuola è proporzionale allo stipendio, come un’imposta, più che un servizio. Sempre nel 1949, viene inaugurato il “Villaggio al mare Marzotto”, a Jesolo, con 1.500 posti divisi tra adulti e bambini, e per molti si tratta della prima possibilità di fare la villeggiatura. Gli anni ’50 e ’60 sono un momento interessantissimo. Passano da Portogruaro personaggi di tutto rilievo, politici della Repubblica, osservatori stranieri, intellettuali. Dalle poche centinaia di mezzadri degli anni ’30, nel 1962 l’azienda conta 10.000 dipendenti. Una storia di successo italiano, di conoscenza e valorizzazione del territorio e soprattutto di considerazione per le persone. Di persone come idea di futuro. La storia di Villanova, di Valdagno e dei Marzotto inizia a essere conosciuta in tutto il mondo. La nascita della cantina Santa Margherita e dei suoi vini è quindi strettamente collegata a un’idea di società. Parte con questi mille ettari di terreno, ancora selvaggi e poco sfruttati, di cui la vite non è protagonista, ma solo una delle tante coltivazioni e inizia a svilupparsi mentre le abitudini alimentari degli italiani stanno cambiando. Il vino si sta trasformando da bevanda da tavola – quella bevanda/alimento che in passato serviva a fornire calorie ai contadini che lavoravano i campi – a prodotto di qualità. E Gaetano Marzotto è uno dei primi a percepire questo cambiamento, questa possibilità. Per questo decide di produrre vini a denominazione d’origine e di puntare sull’innovazione anche nel campo enologico. E già tra le prime “scoperte”, ci sono due prodotti che diventeranno un classico della produzione della cantina: la spumantizzazione del Prosecco e la vinificazione in bianco (inaugurata nel 1961) del Pinot Grigio, il vino che rappresenta il volto di Santa Margherita nel mondo. Sono due storie di successo enologico ancora oggi attuali, due prodotti globali che hanno conquistato i mercati e hanno aperto le strade ad altre realtà nazionali. Camminare per Villanova Santa Margherita (che prende il nome dalla moglie di Gaetano Marzotto, Margherita Lampertico Marzotto) oggi comunica il senso un po’ perduto di una pianificazione umana e possibile. Le case sistemate in file ordinate, le strade a reticolo, il centro dell’agglomerato concentrato sulla piazza rettangolare, la scuola, la deliziosa struttura bassa che ospitava il cinema, il predominante color rosso mattone e tutt’intorno le strutture dell’azienda e, ancora più intorno in un cerchio più grande, la terra, la campagna, le acque e gli alberi. Sembra incredibile e raro che tutto questo succeda: la natura che convive con l’opera dell’uomo e l’uomo che non si snatura.
Illistrazioni – Karin Kellner
Testo – Cristiano De Majo